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      L'anima senza una fede sulla quale possa riposare secura e sentirsi potente a procreare fatti quando che sia, si ribellerebbe forse a una diserzione, ma s'arrende agevolmente a transazioni che pur vi conducono. Entrata su quella via di machiavellismo e d'ipocrite concessioni, s'avvela; smarrisce a poco a poco la luce del vero, s'avvezza ad affratellarsi col calcolo e muta più o meno lentamente ma inevitabilmente natura, finchè avvedendosi, tardi e quando è fatta incapace della virtù santa del pentimento s'irrita intollerante del biasimo altrui e s'ostina, per orgoglio e per utile ad un tempo, nel traviamento accettato.
      Tale è la storia della generazione che, tra il 1847 e l'anno in cui scrivo, mutò lato e bandiera. E si rifarà fino a che gli uomini si rimarranno diseredati di Dio e d'una fede che insegni il Dovere. Io lo ripeto sovente, perchè so che in questo è la radice d'ogni nostro male. Il popolo d'Italia potrà essere fantasma di nazione, ma non nazione vera, grande, potente a fare, conscia della propria missione e ferma di compierla, se non rieducandosi a religione: religione intendo quale i progressi intellettualmente compiti e le tradizioni, studiate a dovere, del pensiero italiano l'additano.
     
      Su questa condizione morale, o piuttosto immorale, di cose s'innestò la parte così detta de' moderati, composta d'uomini che avevano, come Farini, cospirato con noi e s'erano stancati d'una via sulla quale incontravano a ogni passo pericoli e persecuzioni; d'altri ai quali, come ad Azeglio, era ingenita una avversione aristocratica al popolo e alla democrazia e finalmente d'alcuni timidi angusti intelletti immiseriti fra le tradizioni del piccolo Piemonte e incapaci d'afferrare ogni concetto che non avesse perno in un re, in una corte, in un esercito regolare.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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