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      Dall'Associazione escirono i capi della legione e le norme regolatrici della mossa. Il capo che la dirige è il generale Antonini, incanutito nelle guerre di Francia e di Polonia.
      La mossa fu preceduta da un indirizzo della legione ai loro fratelli italiani, che fu reso pubblico in parecchi giornali, forse nel vostro, e che avrebbe dovuto meritare agli uomini che lo dettarono risposta fraterna assai diversa dalle misere calunnie diffuse da non so chi e che mi pesa vedere riprodotte nel vostro giornale. La legione fu accolta in Genova con apparato di precauzioni governative, e quel ch'è peggio, con tale una freddezza dalla ingannata popolazione genovese che dev'essere stata punta mortale al cuore d'uomini che accorrevano a dare il sangue per la patria loro e molti de' quali si erano preparati a missione siffatta con lunghi anni d'esilio e patimenti virilmente incontrati.
      È duro il discendere dopo lunga assenza e col palpito di chi cerca e merita amore, sulla propria terra, e incontrarvi calunnie e minaccie ridicole, è vero, di bajonette. È duro l'accorrere lietamente, in nome d'Italia, ad affrontare le palle austriache per la libertà del paese, e trovarsi a un tratto fra volti diffidenti e irosi, tra gente che accusa la parola e il silenzio d'ingratitudine e d'anarchia. Poco importa del resto. Gli uomini devoti a un'idea non aspettano conforti se non dalla propria coscienza e da Dio; ma stimandovi com'io vi stimo, ho sentito necessità prepotente di richiamare la vostra attenzione sul carteggio dei vostri corrispondenti di Genova, perchè le colonne della Concordia non si contaminino di ben altre ingratitudini che non quelle di che s'accusano in oggi, per nuova moda, uomini che hanno lungamente amato, patito, operato, quand'altri taceva, per la patria loro, unicamente perchè non rinnegano a un tratto le credenze maturate per vent'anni di studî e


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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