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      d'esiglio."
     
      Milano, 27 aprile 1848.
     
      Accettai dunque - e i miei amici accettarono con me - i fatti compiuti come terreno donde movere innanzi. Piegammo la testa alla manifestazione della volontà popolare che diceva monarchia e pensammo a provvedere, per quanto era in noi al trionfo d'una guerra che si combatteva sotto bandiera non nostra, ma che ricacciando l'Austria oltre l'Alpi potea farci liberi di conquistare l'unità della patria. Ma rassegnandoci al silenzio, non rinnegammo la fede nel nostro ideale. Ci offrimmo alleati leali e a tempo del campo regio; non dichiarammo che quel campo era il nostro. Sospendemmo, come inopportuna e pericolosa all'impresa emancipatrice dallo straniero, la predicazione dei nostri principî; non ci facemmo predicatori di principî contrarî. E lo dico pensando ai molti, i quali repubblicani giurati ieri, sono, mentr'io scrivo, giurati monarchici, non per convincimento mutato, ma per ciò ch'essi chiamano tattica e non è se non mancanza d'una fede qualunque. Essi non potranno mai, checchè tentino, richiamarsi all'esempio nostro. Noi ci mantenemmo puri di menzogna e d'ossequio servile; essi no. Dimenticando che primo, supremo dovere verso un popolo che sorge a nazione è l'educazione morale alla dignità dell'anima e alla costanza, essi, sperando in quel modo ottenere qualche miglioramento finanziario, qualche riformuccia amministrativa dalla parte avversa, gittano a' piedi della monarchia il presente e l'avvenire; accettano incondizionatamente l'istituzione contro la quale predicavano pochi anni addietro; giurano che da uno Statuto, il cui primo articolo è violazione della libertà di coscienza, escirà logicamente ogni sviluppo possibile di libertà; teorizzano sull'assurdo equilibrio dei tre poteri; s'irritano, pur sogghignando nel loro segreto, se il sacro inviolabile nome del re è tratto sull'arena da un incauto ministro e dichiarano che tutta la questione italiana si risolve in un mutamento, non di principî, ma d'uomini.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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