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      Questa fede, signori, è, malgrado gli sforzi fatti per oscurarla, la fede dei nostri padri. Dalla scuola pitagorica dell'Italia meridionale sino ai filosofi pensatori del secolo XVII - fra le torture che invano tentavano d'annientare l'idea sociale di Campanella e le palle che troncavano sulle labbra dei fratelli Bandiera il loro ultimo grido di viva l'Italia! il genio italiano ha sempre dichiarato, con una serie non interrotta di proteste individuali che sua tradizione nazionale era UNITÀ E LIBERTÀ: unità come pegno della missione, libertà come pegno di progresso.
      Fra i ceppi, fra le corruttele figlie del dispotismo, sotto la bajonetta straniera che minacciava ogni battito del suo core, dal fondo delle segrete, dall'alto dei patiboli, il genio italiano gridò sempre alle attente nazioni: l'Italia non è morta; essa sta trasformandosi, e la sua grande idea escirà pura, com'oro dal crogiolo, dai suoi trecento anni di schiavitù, quando l'opera di fusione sarà compita quando le popolazioni italiane si stringeranno in un amplesso unanime intorno alla santa bandiera della patria comune per dare all'Europa, dopo l'Italia degli imperatori e l'Italia dei papi, l'immenso spettacolo dell'Italia del popolo.
      Questo momento, signori, noi lo crediamo vicino.
      Con queste idee, con questo programma, io mi recai in Milano. E le prime parole indirizzate ai Bresciani, i quali si querelavano, per non so quale faccenda interna, di Milano, furono di concordia e di pace. "Oggi l'uomo - io diceva - non è che l'incarnazione d'un dovere.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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