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      Annunziai il fatto come buona nuova e dicendo quanto importasse ai cittadini di provare a tutti che potevano vivere più che mai concordi e amorevoli senza principe. Nè vidi mai città più lieta e ordinata. A taluni che parlarono d'atterrare una statua del duca, bastò suggerire che la velassero. Livorno è città repubblicana e onorerà tra le prime l'Italia futura.
      Il 9 febbrajo, la repubblica era proclamata in Roma.
      Era l'iniziativa ch'io cercava; e m'adoprai quanto seppi in Firenze perchè la Toscana affratellasse le proprie sorti a quelle di Roma. L'esempio avrebbe fruttato in Sicilia e altrove. Minacciata dall'Austria, insidiata dal Piemonte, il cui ministro Gioberti tendeva a restaurare i principi per ogni dove(56), la Toscana non poteva, isolata, salvarsi. Ricovrandosi sotto l'ali di Roma, essa poneva i proprî fati sotto la tutela del diritto italiano e accrescendone le forze, apriva la via alla possibilità d'un nuovo moto della nazione: cadendo, essa lasciava almeno una splendida testimonianza a pro dell'unità repubblicana, giovevole all'educazione politica del paese. E gli istinti del popolo, afferravano, come sempre, il concetto. In una pubblica adunanza tenuta il 18 febbrajo sotto le logge degli Uffizî e alla quale si affollavano da diecimila persone, feci votare l'adozione della forma repubblicana, l'unione a Roma e la formazione d'un Comitato di difesa, composto di Guerrazzi, Montanelli e Zannetti. Gli uomini che reggevano ricusarono. Io partii alla volta di Roma, dove m'avevano eletto deputato.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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