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      I complici di Luigi Napoleone affermavano imminente la invasione austro-napoletana a pro della dominazione assoluta papale e dichiaravano la popolazione dello Stato nemica al sistema repubblicano e soltanto compressa dal terrore esercitato da pochi audaci: Roma quindi impotente a resistere e preda in brevi giorni dell'Austria se non s'inframmettevano l'armi di Francia. Provare alla Francia l'assenza in Roma di ogni terrore, l'unanime volere delle nostre popolazioni, la possibilitą per noi di resistere a un intervento austriaco o napoletano; costringere Luigi Napoleone a smascherare il suo vero disegno; combattere, separando nella serie dei nostri atti, la nazione dal Presidente di Francia: vincere tanto da testimoniare della nostra determinazione, ma senza abusare della vittoria, senza irritare l'orgoglio e le subite passioni francesi; somministrare per tal modo una opportunitą ai membri della Montagna, ai nostri amici nell'Assemblea, d'iniziare la resistenza a Luigi Napoleone: era questo il debito nostro e non lo tradimmo. Quindi gli ordini mandati a Civitavecchia e traditi dall'altrui arrendevolezza alle menzognere promesse del generale Oudinot, di resistere a ogni patto, non fosse che per ore, pur tanto da provare il desiderio unanime di resistere, l'energia delle nostre dichiarazioni agli inviati del campo francese, i preparativi solleciti e la battaglia - e a un tempo la richiesta ai municipī, accolta da tutti, perchč esprimessero nuovamente adesione al governo repubblicano - il rinvio dei prigionieri francesi fatti nella giornata del 30 aprile - l'ordine spedito in quel giorno a Garibaldi di desistere dall'inseguire i Francesi in rotta - e generalmente l'attitudine assunta e mantenuta da noi durante l'assedio e ch'io compendiava dicendo che Roma era non in condizione di guerra con la Francia, ma di pura difesa.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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