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      Gli uni non vogliono intendere: gli altri non sanno. Nè io scenderei per essi a parole dilucidatrici o a difese.
      Ma ai giovani - maggioranza nel Partito Nazionale e speranza dell'avvenire - che non rinegano per disavventure la santa tradizione di martirio e di lotta incessante segnata dai migliori fra i nostri: ai giovani, che non hanno imbastardita la mente italiana tra sofismi di sette straniere, nè immiserita la potenza dell'intuizione rivoluzionaria tra le strategiche delle guerre regolari governative, nè sfrondato il core d'ogni riverenza all'entusiasmo, alla costanza, alle grandi audacie e alle grandi idee, che sole rifanno i popoli, io debbo conto delle cagioni che promossero il recente tentativo popolare in Milano, delle principali che lo sconfissero.
      Il Comitato Nazionale è disciolto; disciolto dopo un proclama d'insurrezione, ch'io scrissi, e che due soli de' miei colleghi firmarono. Di questo fatto io debbo pur conto al paese.
      E parmi ch'io debba oggimai parlare al paese anche di me, delle idee che dettarono la mia condotta, delle norme che mi diressero. È la prima e sarà l'ultima volta. Ma le accuse e le calunnie vibrate al mio nome mirano a ferire tutto intero il partito d'azione; e non mi è concesso negligerle. Fors'anche il perpetuo silenzio da parte mia potrebbe generare dubbî e incertezze nell'animo di quei che mi richiesero, in questi ultimi anni, di consiglio e di direzione. E importa ch'essi mi sappiano deluso e tradito ne' miei calcoli e nella mia fiducia, non reo d'avventatezza sistematica, o di spregio delle altrui vite o d'orgoglio insensato, che vuol moto a ogni patto e senza speranza.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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