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      Or se in Italia sono uomini che accettino questi due rimedî alla servitù, accettino anche quello ch'ei dice di me: non cercherò convertirli. E non occorre che io parli altro di lui. Ma tra gli uomini, che allora si fecero oppositori, sono parecchi ch'io stimo per doti di core o di mente, e che diedero in altri tempi prova d'amore intenso all'Italia. Ed è necessario citarne le accuse.
      Erano varie e contradditorie, come le tendenze degli uomini dai quali escivano.
      Gli uni ci rimproveravano il silenzio, del primo Manifesto, intorno al principio repubblicano, e ci accusavano di tener celata la nostra bandiera. Non la celavamo; era incarnata in noi tutti che l'avevamo difesa in Roma; era incarnata in me che aveva, venti anni prima, e poi sempre, predicato repubblica, quando nessuno, in Italia, osava fiatarne. E alla repubblica guidavano inevitabilmente le norme prefisse nel Manifesto, allo stadio d'insurrezione e al modo d'assetto finale. Ma la riverenza alla Sovranità Nazionale e il concetto puramente insurrezionale che il Comitato s'era fatto della propria missione, ci aveva persuasi a tacerne il nome. Pur nondimeno, dacchè repubblicani eravamo e repubblicana era l'Associazione e repubblicane si manifestavano le tendenze di tutto il partito d'azione in Italia, deliberammo di troncare in un secondo Manifesto ogni dubbio, dissenziente, per semplice opinione d'inopportunità, il solo Giuseppe Sirtori, che ci lasciò, addolorati, e addolorato egli pure: tra lui e noi, mallevadore d'affetto fraterno, rimaneva e rimane(64) il core, più potente d'ogni passeggero dissidio.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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