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      Ora - e per somma ventura - quegli uomini, ch'ebbero un istante le sorti italiane nelle mani, son fatti uomini del passato; quei nomi son retaggio dei posteri, e noi possiamo favellarne senz'ira ed amore; possiamo esaminare pių sedatamente qual violazione di principio trascinasse la rovina dei tentativi italiani. Un tentativo fallito si riduce quasi sempre ad un principio violato.
      Nelle rivoluzioni pių che in ogni altra cosa l'armonia č condizione essenziale del moto. Quando esiste disparitā, sconnessione, disarmonia tra gli elementi e la tendenza che ad essi s'imprime, tra chi dirige e chi segue, non v'č speranza.
      Gli uomini nati a governare e compiere le rivoluzioni son quei che stanno interpreti delle generazioni contemporanee, miniatura del loro secolo; che riassumono in sč i voti segreti, le passioni, le tendenze, i bisogni delle moltitudini; che si collocano innanzi d'un passo alle genti che seguono, ma come centro in cui vanno a metter capo tutti gli elementi esistenti, tutte le fila ordinate all'intento. Indovinare il pensiero generatore della rivoluzione, e assumerlo proprio, fecondarlo, svilupparlo, e guidarlo al trionfo - tale č il primo ufficio di chi dirige le rivoluzioni. Senza quello si cade tra via scherniti o infami, per impotenza o per tradimento.
      Ora, furono essi tali i capi delle nostre rivoluzioni?
      No; non furono.
      Vediamo l'ultima rivoluzione dell'Italia centrale.
      Noi lo dichiariamo: noi la togliamo ad esempio, non perchč gli errori notati v'appajano pių manifesti che altrove; nč perchč a noi piaccia diffondere un biasimo non meritato sui nostri fratelli delle Romagne.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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