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      Guardando alla Francia, un gran fatto ci balza innanzi, un popolo levato in armi che, rovinata la tirannide d'un solo, non s'induce ad accettare un nuovo signore se non veggendo l'uomo stimato simbolo di repubblica, affratellarsi col nuovo dominatore, se non ascoltando una promessa solenne, che il trono sarebbe stato circondato d'istituzioni repubblicane. Or crederemo quella fosse concessione fatta dal popolo ai pochi trafficatori della sua vittoria, o non piuttosto dagli uomini della dottrina a un popolo fremente repubblica nel suo segreto e non bisognoso d'altro che d'una opposizione imprudente e d'un Mirabeau repubblicano per correre a quella forma di reggimento? E in Francia son pur vive le immagini del terrore, vivi i figli dei proscritti del 93, vive le memorie atroci di Lione, d'Arras, di Nantes - e tutte quelle ferocie tornate in nulla, suggeriscono la diffidenza nell'efficacia del simbolo, nel cui nome si commettevano - e da oltre a trent'anni, i nemici delle pubbliche libertà e la genìa de' giornalisti venduti e i rinnegati - che pur son tanti - per cupidigia d'imperio, s'adoprano a ingigantire quei fatti al popolo, a convincerlo che carneficine, usurpazioni e repubblica sono una cosa; a falsare la verità della storia, che insegna a discernere gli eccessi dei subalterni dai rimedî dolorosi, ma necessarî, adottati dalla Convenzione a salvaguardare(79) la indipendenza del territorio, e liberarsi dalle interne congiure(80), dalle insidie coperte, che preti e nobili ordivano coll'oro inglese, dagli assalti dell'emigrazione insistente sulle frontiere, e dagli eserciti stranieri impossessati di piazze forti, e inoltrati sul suolo di Francia.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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