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      VI.
     
      L'Italia sembra in oggi ingombra di sêtte e di opinioni diverse, repubblicane, monarchiche, unitarie, federalistiche, ed altre; spettacolo doloroso, non insolito o fatale com'altri vorrebbe. A un popolo che versa in uno di quei momenti supremi che accennai cominciando, le forme del vero appajono sempre molte e distorte. Fra una tomba e una culla sta l'infinito. E noi balziamo a un tratto, come ogni popolo chiamato da Dio a grandi cose, dalla sepoltura d'un'epoca spenta al limitare d'un'altra nascente appena, che aspetta forse la prima parola da noi. Ma a chi ben guarda entro a questo caos foriero di una creazione, due soli partiti esistono: il partito che crede nel moto dall'alto al basso, e quello che intende la vita italiana non poter salire oggi mai che dalle viscere del paese alle sue sommità, dalla base della piramide al vertice: il principesco e il popolare: il partito moderato e il nazionale.
     
     
      VII.
     
      La fazione protea che s'andò intitolando, a seconda dei casi, dei moderati, dei riformisti, dei pratici, degli uomini dell'opportunità, e che io chiamerei fazione delle torpedini, dopo avere iniziato la propria carriera ajutando, fra il 1814 e il 1815, l'Austria a impadronirsi della Lombardia, e strisciato di tempo in tempo, ad ogni sciagura che feriva il principio d'azione, tra le nostre cospirazioni, sorse, quando appunto morivano i Bandiera per la fede repubblicana dell'unità nazionale, e dichiarò che bisognava conquistare non il governo, ma i governi d'Italia. Era il vecchio programma di federalismo monarchico del 1820 e 21, accresciuto da un ingegno, potente ma traviato, di una formola di filosofia religioso-politica, e peggiorato di tanto quanto il vecchio consecrava implicito nel fatto dell'insurrezione il diritto di sovranità popolare, e la nuova edizione, richiamandosi unicamente alle concessioni dei principi, lo cancellava.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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