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      Da noi uscirono bandi grandiloqui, discorsi pomposi di memorie del Campidoglio, d'aquile romane e di conquiste mondiali, tanti da incendiarne gli accampamenti nemici, e centinaja di gazzette, libri e libercoli a tritare lo stesso tema di minaccia impotente, e migliaja d'inni di guerra e milioni d'urli e grida di Viva Italia e di morte agli Austriaci, nei banchetti, su pe' teatri, in convegni di piazza. Tra noi escì, acclamata, commentata, messa in cima ai giornali, come guanto cacciato solennemente all'Austria in faccia all'Europa, la parola: l'Italia farà da sè: parola santa fin dove si tratti d'indipendenza, perchè ogni popolo deve conquistare con forze proprie il proprio nome, il proprio titolo a rappresentare una parte pel bene comune nella grande associazione delle nazioni; ma volgente al ridicolo quando quei che l'hanno proferita non fanno, per conto d'Italia, che armistizî, capitolazioni e raggiri di mediazione. E la Polonia, ch'io citai dianzi, affranta da lunghe battaglie e da sagrificî senza esempio, priva d'ogni libertà di parola, di convegni, di stampa, vuota d'armi e senza un palmo di terreno sul quale essa possa riprepararsi a combattere, non può finora che ordinar congiure e lo fa; ma noi fummo in armi: siamo in armi; e la nostra parola, accetta o invisa ai governi, guizza da un capo all'altro d'Italia, il nostro pensiero s'esprime con nessuno o con poco pericolo in piazze gremite di popolo, tumultua alle porte di parlamenti dove si parla - tranne da qualche ministro - la nostra favella, splende a programma sulle coccarde dei nostri cappelli.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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