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      Come tutti i tentativi generosi, per l'una o l'altra circostanza non riusciti, sollevarono contro gl'iniziatori ed in ispecie contro l'anima dirigente, il Mazzini, un'ondata di recriminazioni, accuse e calunnie; ma non valsero a scuotere chi ben sapeva essere il bene premio di sacrificio e l'audace iniziativa indispensabile per scuotere e mantenere vive le inerti aspirazioni(152)).
      Fallita la sollevazione di Genova, non per colpa del popolo, che si mostrò, come sempre, pronto ed animoso, ma per colpa dei capi che dovevano dirigerla, il gran Proscritto cercato ovunque a morte dalla polizia sarda, ajutata da cagnotti còrsi e francesi(153)), potè a stento mettersi in salvo. Fu bensì con altri patrioti condannato in contumacia alla pena di morte; ricompensa decretata dai giudici della monarchia costituzionale di Vittorio Emanuele, non diversa da quella venti anni prima assegnatagli dai giudici del padre Carlo Alberto.
      Tornò a Londra e riprese con lo stesso ardore il suo lavoro di cospirazione ed organizzazione per muovere le popolazioni centrali e meridionali all'azione unitaria, protestando in pari tempo, in nome della dignità nazionale, contro la politica governativa che spingeva il Piemonte ad allearsi con Napoleone III, fra tutti i regnanti il più pericoloso ed abjetto. E l'uomo del 2 dicembre, spinto agli estremi, impose al ministero di chiedere al governo inglese l'estradizione del Mazzini, del Ledru Rollin, del Kossuth e di Simon Bernard, sotto lo specioso pretesto che fossero complici nell'attentato di Felice Orsini.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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