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      Io non ne ricordo un solo che non m'abbia detto o scritto: Io sono, in teoria, repubblicano come voi siete; e che intanto non calunniasse come meglio poteva la parte nostra e le nostre intenzioni.
      Noi eravamo repubblicani per antica fede fondata su ciò che abbiam detto più volte e che ridiremo; ma innanzi tutto, per ciò che tocca l'Italia, perchè eravamo unitarî, perchè volevamo che la patria nostra fosse nazione. La fede ci faceva pazienti: il trionfo del principio nel quale eravamo e siamo credenti è sì certo, che l'affrettarsi non monta. Per decreto di provvidenza, splendidissimo nella progressione storica dell'umanità, l'Europa corre a democrazia: la forma logica della democrazia è la repubblica: la repubblica è dunque nei fati dell'avvenire. Ma la questione dell'indipendenza e della unificazione nazionale voleva decisione immediata e pratica. Or come raggiungerla? I principi non volevano: il papa nè voleva, nè poteva. Rimaneva il popolo. E noi gridavamo come i nostri padri: popolo! popolo! e accettavamo tutte le conseguenze e le forme logiche del principio contenuto in quel grido.
      Non è vero che il progresso si manifesti per gradi; s'opera a gradi; e in Italia il pensiero nazionale s'è elaborato nel silenzio di tre secoli di servaggio comune e per quasi trent'anni d'apostolato assiduo coronato sovente dal martirio dei migliori fra noi. Preparato per lavoro latente il terreno, un principio si rivela generalmente coll'insurrezione, in un moto collettivo, spontaneo, anormale di moltitudini, in una subitanea trasformazione dell'autorità: conquistato il principio, la serie delle sue deduzioni ed applicazioni si svolve con moto normale, lento, progressivo, continuo.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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