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      I fati d'Italia erano segnati.
      Sorgevano momenti ne' quali sembrava che il governo si destasse al senso della condizione delle cose de' proprî doveri, e allora - come chi per istinto sente dov'è l'energia - ricorreva ai repubblicani; ma tradiva le sue promesse e ricadeva nel sonno il dì dopo. Un messo segreto dal campo, una parola di faccendiere cortigiano, bastavano a mutare le intenzioni. Il povero popolo, già avviluppato in mille modi dai raggiratori, traeva forse da quel contatto inefficace tra noi e il governo nuova illusione di securità. E citerò un solo esempio.
      La nuova della caduta d'Udine avea colpito gli animi di terrore. Fui chiamato a mezzanotte al governo, e trovai convocati parecchi altri influenti repubblicani. Bisognava, dicevano i governanti, suscitare il paese, avviarlo a sforzi tremendi, chiamarlo a salvarsi con forze proprie - e chiedevano additassimo il come. Scrissi sopra un brano di carta parecchie tra le cose ch'io credeva opportune a raggiunger l'intento, ma dichiarando che riescirebbero inefficaci tutte se il governo ne assumesse l'esecuzione. "Dio solo, dissi, può spegnere e risuscitare. Il vostro governo è screditato, e meritatamente. Il vostro governo ha oprato sinora a sopir l'entusiasmo, a creare colla menzogna una fiducia fatale. E voi non potete sorgere a un tratto predicatori di crociata e guerra di popolo senza diffondere nelle moltitudini il grido funesto di tradimento. A cose nuove uomini nuovi. Io non vi chiedo dimissioni che oggi parrebbero fuga.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





Italia Udine