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      Poco importa appurare se il re tradisse o non tradisse, o da quando avesse data il tradimento, suo o d'altri: poco importa la lapide d'infamia che la storia potrebbe scrivere ad uno o ad altro individuo. Esce ben altro da quei ricordi. E chi non legge in quelle pagine della passione d'un popolo che fu grande, era grande e vuole esser grande, l'IMPOTENZA ASSOLUTA DELLA MONARCHIA, la morte di tutte illusioni dinastiche, aristocratiche e moderate, non ha intelletto nč core, nč amor vero d'Italia, nč speranza mai d'avvenire.
      Una piccola bandiera di compagnia, colle parole DIO E IL POPOLO, s'inalzava per alcune ore in Monza, di fronte a quell'immenso spettacolo di monarchia fuggente e di popolo abbandonato, tra i prodi che nella legione Garibaldi seguivano Giacomo Medici - ed io, trascelto dall'affetto di quei giovani, la portava. Era la bandiera della nuova vita sorgente tra le rovine d'un periodo storico; e sei mesi dopo splendeva di bella luce, quasi programma dell'avvenire italiano dall'alto del Campidoglio.
      Caduta Milano, era caduta la Lombardia. Frutto anch'esso delle abitudini tradizionali monarchiche e dei canoni della guerra regia, durava inviscerato negli animi - e, per prova pių recente, tuttavia dura - il pregiudizio che nei fatti della capitale concentra i fatti dell'intero paese. La capitale č dovunque splende sorretta da cittadini devoti alla libera vita o alla bella morte e pių energicamente difesa, la bandiera della nazione. Ma allora, questa veritā non era sentita, e d'altra parte, la provincia era tuttavia indebolita dalle fresche scissioni della fusione, e gli uomini che avrebbero potuto perpetuare la guerra nella parte montagnosa della Lombardia e guardare a Venezia siccome a capitale dei paesi lombardo-veneti, Durando, Griffini ed altri, erano generali del re, stretti ad un patto ignominioso di resa, e, dati i luoghi forti in mano al nemico, maneggiarono in modo da spegnere ogni possibilitā di resistenza e condurre, taluni con fogli di via segnati da penna austriaca, i volontarî del marzo in Piemonte.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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