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      La Francia non può che dirci: "Riconoscendo la vostra indipendenza, io debbo accertare ch'essa esce dal voto libero e spontaneo della maggioranza. Collegata coi governi d'Europa e desiderosa di pace, se fosse vero che una minoranza soggioga tra voi le tendenze nazionali - se fosse vero che la forma attuale del vostro governo non è se non il pensiero capriccioso d'una fazione sostituito al pensiero comune, io non potrei vedere con indifferenza la pace d'Europa messa continuamente a rischio dalle passioni e dall'anarchia inseparabili ad ogni governo di fazione".
      Noi concediamo questo diritto alla Francia, perchè crediamo alla solidarietà delle nazioni pel bene. Ma affermiamo a un tempo che se fu mai governo escito dal voto della maggioranza, quel governo è il nostro.
      La repubblica s'impiantò fra noi per volontà d'un'Assemblea escita dal suffragio universale; fu accettata con entusiasmo per ogni dove; in nessun luogo fu combattuta. E notate, signore, che rare volte l'opposizione fu così facile e poco pericolosa; direi anzi così provocata, non dagli atti, ma dalle circostanze singolarmente sfavorevoli nelle quali la repubblica si trovò collocata nei primi suoi giorni.
      Il paese esciva da una lunga anarchia di poteri inseparabile dall'interno ordinamento del governo caduto. Le agitazioni inevitabili in ogni grande trasformazione e a un tempo fomentate dalla crisi della questione italiana e dagli sforzi di parte retrograda, lo avevano cacciato in un eccitamento febbrile che apriva il campo ad ogni ardito tentativo, ad ogni cosa che suscitasse interessi e passioni.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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