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      È quella, signore, che voi giudicate irreconciliabile col papato e che dura da quando il soffio di Dio trasse dal nulla l'umanità; l'idea che ha sottratto al vostro cattolicismo metà del mondo cristiano, l'idea che vi ha strappato Lamennais e il fiore degli intelletti europei, l'idea di Gesù, la pura, la bella, la santa libertà, che voi invocavate pochi anni addietro per la Polonia, che l'Italia invoca oggi, sotto forma e mallevadoria di nazione per sè e che non può, quando voi non crediate parte di religione il costituire un popolo-paria nel seno dell'umanità, esser buona cosa per una contrada e triste per l'altra. Ah! è grave condanna al papato, o signore, grave conferma alle nostre credenze questa contraddizione che le vostre parole confessano tra l'eterno elemento d'ogni vita umana e l'instituzione che dovrebbe, anzichè cancellarlo, benedirgli e promoverlo.
     
      È questa contraddizione somma per noi alla negazione, non solamente, del diritto ingenito nelle popolazioni romane, ma della Nazione.
      Un anno addietro, i ministri di Francia salutavano come immancabile e prospero evento lo sviluppo dell'italiana nazionalità. Lamartine dichiarava con certezza di non essere smentito mai dai fatti possibili, che, con intervento di Francia o senza, l'Italia sarebbe libera; l'Assemblea costituente invitava la potestà esecutiva a serbare norma alla sua condotta il voto unanime dei rappresentanti; emancipazione d'Italia. Oggi adoratori dei fatto e della cieca forza che soggioga per un giorno l'idea, rappresentanti e ministri dimenticano, cancellano la nazione e trattano la questione siccome puramente locale.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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