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      Ma dacchè tra voi e me non può essere intelletto comune di libertà, io non debbo dir qui quale concetto ne avessero i repubblicani, ma solamente seguirvi sul vostro terreno, e ricordare alla Francia qual sia la libertà vera per voi.
      Il 26 aprile 1849, la libertà che voi venivate a tutelare fra noi era, signore, la libertà fondata sulla sovranità del paese. - Il nostro scopo - dichiarava in un proclama dettato da voi il generale Oudinot - non è quello d'esercitare una influenza che opprima, nè DI IMPORVI UN GOVERNO CHE SAREBBE OPPOSTO AL VOSTRO VOTO... Noi giustificheremo il titolo di fratelli. Noi rispetteremo le vostre persone e i vostri beni... noi ci porremo di concerto colle AUTORITÀ ESISTENTI, perchè la nostra occupazione non mova inciampo di sorta alcuna.
      Il giorno in cui, caduta Roma, voi scrivevate la lettera a tutti nota all'ufficiale Edgard Ney, la libertà che voi promettevate alle popolazioni dello Stato romano non era più quella del voto; era la libertà che scende come beneficio dall'autorità regia non contrastata, non limitata; e consisteva in un governo fondato e avviato su norme liberali, in una amministrazione laicale, in una legislazione desunta dal codice Napoleone, in un'amnistia generale o quasi. Era programma meschino, illegale, di conquistatore. E Roma, s'anche la parola vostra avesse potuto ridursi in atto, avrebbe sprezzato dono e donatore ad un tempo. Pure, la vera libertà di che oggi parlate è la libertà forse del vostro secondo programma?
      Quando - e sia sollecito per l'onore della specie umana quel giorno - avremo una politica religiosa e la parola del vero suonerà franca e spontanea tra popoli e capi di popoli, gli uomini non vorranno credere che da un preside di repubblica potesse escir mai linguaggio così sfacciatamente menzognero come quello del Messaggio, e che un'Assemblea d'eletti dal popolo di Francia l'ascoltasse paziente.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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