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      Il partito, collettivamente, ha respinto sempre e respinge la tentazione tremenda che i nostri padroni ci porgono: se pochi individui, organi di non altro che della propria inspirazione, soccombono, è fatto e conseguenza delle cagioni che accenno, e che non cesserà se non col cessare di quelle. Bisognava dirlo. Bisognava ricordare all'Europa come, sopra ogni punto d'Italia, il nostro popolo fu sublime - ogni qual volta ebbe un lampo di viver libero - di perdono e di oblio. Bisognava ricordarle, ciò che pur jeri un ministro inglese dichiarava, contradicendosi, a proposito di Roma, davanti ai Comuni(256)) che le nostre città non furono mai sì bene governate e così pure di delitti e violenze, come quando una bandiera di Patria sventolò sulle loro torri. Bisognava ritessere il quadro delle nostre misere condizioni, e gridare: il governo austriaco, che s'ostina, contro il voto unanime della popolazione, a conservare ciò che non è suo; il governo di Francia, che tolse a Roma ogni via di miglioramento; il protestante governo inglese che dichiarò nei suoi dispacci di volere il ritorno del papa; i governi tutti d'Europa, che vietano all'Italia di essere nazione stanno mallevadori davanti agli uomini e a Dio pei pugnali che lampeggiano, tra l'ombra, sulle nostre terre. Essi cospirano tutti a contrastare il nostro libero sviluppo, a mantenere sul nostro suolo una grande Ingiustizia: incolpino sè stessi s'esce talora, di mezzo a una gente schiava, ineducata, abbandonata da tutti, una protesta anormale, violenta.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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