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      Qualunque sia il nome che portano, la nazione deve rifiutarne i consigli.
      Quell'esercito, pel quale voi siete presti a dimenticar la Nazione intera, lo avremo: è esercito italiano, prode, memore, e sente con noi l'aborrimento dello straniero; ma non lo avremo, fuorchè levandoci e invocandone, armati, l'armi. Quel re, al quale in oggi piaggiate, come piaggiaste, per poi maledirlo, al padre di lui, lo avrete - e piaccia a Dio che non abbiate a pentirvene - purchè vogliate: è giovine, coraggioso; l'onta di Novara e l'insulto austriaco devono da quando a quando balenargli sugli occhî, ed è possibile ch'egli un giorno, commosso a forti pensieri, cacci da sè i codardi uomini di gabinetto, che lo circondano, e si faccia, di piemontese, italiano; ma non prima che voi sorgiate, non prima che voi gli abbiate offerto, in azione, un più potente alleato che non è la diplomazia, non prima che il grido di un popolo sommosso gli abbia tuonato all'orecchio: scendi o inalzati con noi. I re seguono talora, non iniziano mai. Chi tenta indugiar la Nazione dietro al fantasma d'un'iniziativa monarchica, o inganna, o ha smarrito il senno.
      Le tradizioni del governo piemontese son regie. La monarchia è vincolata, da vecchî e nuovi trattati, alle altre monarchie, e alle norme generali d'ordine e assetto territoriale europeo, prestabilite da lungo. Può il governo piemontese rompere a un tratto, non provocato, non costretto dalla prepotenza di fatti, spettanti ad un ordine nuovo, quei vincoli e quei trattati?


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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