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      La respingeremo, perchè siamo Repubblicani, e se accettiamo, più riverenti che voi non siete al paese, il voto della Nazione, quando anche avverso alle nostre credenze, non vogliamo soggiacere all'arbitrio d'una frazione impercettibile del Partito.
      E la respingeremo, perchè è parola - non di codardi: avete provato che voi nol siete - ma codarda, il dire ad un popolo, che deve e vuole farsi libero: da un individuo pende la tua salute; devi acclamarlo o non insorgere. Un popolo, che accettasse questa formola stivatrice, non merita d'essere libero, e nol sarà.
      A questo popolo, grande anche nella sventura - a questo popolo, che gl'istinti europei additano come depositario dei fati delle nazioni oppresse - è tempo, parmi, di tenere linguaggio diverso e più degno. Questo popolo balzò gigante dal fango d'un doppio servaggio, sei anni addietro, commosso da una parola di Nazione e di Libertà, che noi gli avevamo proferita, santificata dal sangue dei nostri martiri. Non chiese un re, ma una Patria; non mendicò, a patto di concessioni servili, promessa di battaglioni ordinati, ma disse a sè stesso: sono italiani e li avrò. Grande a un tratto per un senso di dovere comune, per un lampo di fede che avea solcato subitamente la tenebra in cui giacea, s'inebriò della vista d'una bandiera, sulla quale non era scudo di Savoja, nè altro, fuorchè l'iride dei bei tre colori, si levò a battaglia e vinse, e trascinò dietro a sè i battaglioni ordinati. Poi, prevalsero funesti consigli. Voci d'uomini, taluni tristi, altri illusi, e inetti tutti, e incapaci d'intendere qual tesoro di forze si chiuda in un popolo e in un principio, gli susurrarono di re, di centomila soldati, di liberatori allettati o sforzati.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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