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      La spedizione in Ponza doveva aver luogo il 10 giugno. Un incidente, di quelli che niuno può prevedere o combattere, s'attraversò e distrusse tutto il nostro lavoro lo stesso giorno in cui doveva tradursi in atto. Avevamo intanto, poche ore prima, certi com'eravamo di mantener la promessa, avvertito i nostri del Regno che il battello partiva. Mancavano i mezzi per sollecite spiegazioni, e, più assai della perdita del materiale ed altro, temevamo gli effetti morali della delusione e i pericoli che il subito attivo prepararsi a seguire poteva moltiplicare sugli amici di Napoli. Partiva a quella volta un legno a vapore la stessa sera, e Pisacane determinò di portare egli stesso ai nostri la spiegazione dell'indugio e d'accertarsi a un tempo della realtà degli elementi sui quali si fondavano le nostre speranze. In due ore ei decise; fece tutti i preparativi opportuni, abbracciò la donna del suo cuore, che si mostrò in tutto degna di lui, e partì. Era determinazione per lui più grave dell'altra; era l'esporsi a tortura e a morte solitaria, senza difesa, non coll'armi in pugno e lottando. E nondimeno, chi lo vide in quelle ore avrebbe detto ch'ei s'avviava a diporto. Era tanta in lui la religione del Dovere, che la coscienza di compirlo bastava a infiorargli la via.
      Partì, giunse, rimase tre giorni in Napoli e tornò dov'io era. Tornò lieto, convinto, anelante azione, e come chi sente, toccando la propria terra, raddoppiarsi in petto la vita. Gli balenava in volto una fede presaga di vittoria.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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