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      Il lampo del ferro tirannicida rompe quella tenebra e rivela alle attonite, incodardite migliaja, che il tiranno davanti a cui piegano non è Dio, ma un idolo di delitto e menzogna. L'uomo che vibra quel ferro è una incarnata, tremenda negazione della tirannide; ei dice, spegnendo e morendo all'umanità: "Quel violatore della vita universale pensava d'essere superiore alla legge; ei non era che fuor della legge. Ei s'illudeva a credere d'aver sotterrato giustizia e coscienza, perchè alcune migliaja di pretoriani e molte di vili gli si assiepavano intorno, difensori e schiavi: egli stimavasi forte perchè s'era ricinto di patiboli e spie; io ho provato a lui e all'umanità che la punta di un ferro di libero vale tutto quel corredo di forza, e basta a sperdere i satelliti e ridestare a vita gli schiavi".
      E perchè questo è il senso segreto del tirannicidio, gli uomini, come salutano il nembo purificatore d'un'atmosfera corrotta, salutano e saluteranno il tirannicida - comunque accumuliate, voi, signore, ed i vostri, sofismi a infamarlo e leggi a punirlo - siccome il rivendicatore dell'eterno diritto; e ripeteranno pur sempre commossi la vecchia canzone d'Armodio; e cercheranno tra gli antichi marmi, a spiarle riverenti, le sembianze di Bruto; e scriveranno, quasi mallevadori della giustizia del fatto, i loro nomi sui muri della cappella di Guglielmo Tell; e tramanderanno, rispettando, ai posteri i nomi di MILANO e d'ORSINI: tra le lettere che formano quei nomi s'affaccia per essi la tentata vendetta di Napoli e Roma.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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