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      Son queste le avvedutezze politiche della monarchia piemontese.
      Dopo gl'infausti moti del giugno, la Repubblica perdeva intanto, per terrore d'una anarchia che avrebbe potuto e non seppe padroneggiare, coscienza di sč; si sviava affidandosi a una dittatura militare, a tendenze illiberali di resistenza. Il 24, Cavaignac, uomo d'anguste vedute, per difetto d'ingegno e per abitudini soldatesche, repubblicano solamente di nome, assumeva il potere. Allora la Francia, che aveva sinceramente desiderato combattere con noi per lacerare gli aborriti trattati di Vienna, cominciava a riconcentrarsi nell'egoismo di paese, e desiderava astenersi da imprese pių di principio che non d'interesse. Pur, se voi volevate, cedeva: cedeva, vincolata dalle solenni profferte anteriori e dall'ingenito orgoglio. Non volevate. Al vostro Governo pareva meglio fin d'allora perder la guerra con un titolo monarchico in portafoglio per le contingenze future, che non vincerla con l'aiuto di soldati repubblicani e a rischio di risuscitare nel nostro popolo le idee che gli avevano procacciato l'ardire della vittoria sulle barricate. Quel titolo, quel documento, l'atto della fusione, era fin dal 13 giugno nelle mani di Carlo Alberto. Che importava dell'Italia al re e agli uomini della Monarchia? Non l'amavano come l'amiamo noi; e non avevano genio nč audacia per tentare di conquistarne il dominio.
      Il giugno e il luglio passarono fra positive sconfitte e bandi di vittorie ideali, senza che si fiatasse sillaba d'intervento.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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