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      Sperdete, perdio, lungi da Voi quel brulichio di pigmei consiglieri di codardia, come il leone sperde, scotendo i velli, gl'insetti che gli si affollano intorno. Perchè assumeste, sul cominciar della guerra, la Dittatura? Per accarezzare le voglie dispotiche dell'Alleato? Per imporre silenzio, con abbiette persecuzioncelle, ad uomini che, come me, osano dirvi la verità? I padri nostri assumevano la Dittatura per salvar la Patria dalla minaccia dello straniero. Abbiatela, purchè siate Liberatore. Ma cominciate dal liberar Voi medesimo dagli uomini che tradirono il concetto Italiano nelle mani del carnefice di Roma, e dalla turba impotente che incatena negli artificî diplomatici il pensiero dell'anima vostra.
      Sire! La guerra Italiana non è finita; non è se non cominciata. Per Voi, le vittorie di Lombardia non debbono costituirne che la prima campagna.
      A Voi spetta, per le date promesse, il far che riarda; all'Italia, il sostenerla e compirla.
      Ma non è col guadagnar tempo che potete ottenere l'intento. I dieci, i venti, i trenta mila uomini che potrete aggiungere al vostro esercito, son nulla a petto di ciò che perdete, indugiando. L'Italia si sfibra nello scetticismo e nello sconforto: l'entusiasmo si spegne: la Diplomazia diffonde i germi del dissolvimento; le questioni si localizzano: il moto perde il suo carattere nazionale.
      Voi avreste dovuto respingere sdegnosamente il patto di Villafranca: avreste dovuto dire a Luigi Napoleone: io non tradisco le mie promesse; e dire all'Italia: l'alleato straniero ci abbandona; io continuo solo la guerra, e chiedo al Paese la cifra d'uomini, sottratta da quell'abbandono, all'esercito.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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