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      Ma poi che la costanza non è ancora virtù di popoli, e voi seduceva il fascino della novità, e quelle dottrine blandivano nei più l'inconscia tendenza ad accettare le vie che pajono più facili e richiedono minore potenza di sacrificio, io vidi gemendo tutta una generazione distaccarsi dalle tombe de' suoi martiri e plaudire insana ai falsi profeti e seguirne le torte vie.
      Allora ogni idea di rettitudine e di dignità d'anima fu smarrita, e le menti s'abbujarono d'ogni sorta d'errori, tanto che s'udirono, senza nota di pubblica infamia, fra gli adepti degli idolatri, scribi di diarî e libercoli, taluni proporre che si comprasse indipendenza dall'Austria a prezzo della libertà d'altri Popoli, forti di sacri diritti come noi siamo; altri che si riscattasse Venezia a danaro; altri esultare ogni giorno all'annunzio che si commetterebbero le sorti d'Italia a un Convegno di despoti, ed altri prostituire l'umana parola fino a paragonare alle creazioni di Michelangelo l'uomo per il cui cenno caddero migliaja di libere vite in Roma e Parigi; - poi, quando un popolo spense, in modo non giusto, una vita di tristo, diventarono a un tratto ipocriti di virtù e di clemenza, dichiararono disonorata l'Italia e lamentarono, come se il mondo andasse sossopra.
      E parve una danza di streghe dell'intelletto.
      E al soffio gelato di quelle codarde dottrine, io vidi inaridirsi l'entusiasmo, incadaverire l'anime più generose, ed uomini, che avevano insieme a me consacrato metà della vita a suscitare i giovani alla vera fede, patteggiare, nell'altra metà, coi capi degli idolatri, ed erger cattedra a distruggere l'opera propria; ond'io sentii nell'anima solitaria quel dolore che labbro non può ridire.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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