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      Prego gli avversarî onesti di non fraintendermi. Non si tratta ora per me di repubblica o monarchia; si tratta d'azione o d'inerzia, di Unità o smembramento, d'avere lo straniero in casa, o di averlo fuori.
      Il nostro programma dell'oggi è tuttora quello del 1859. Si compendia in due parole: Venezia e Roma: il braccio d'Italia, il core d'Italia. Soltanto, allora speravamo ottenerle alleate colla monarchia; oggi, esaurita quella speranza, diciamo che cercheremo d'averle soli, por vie nostre, malgrado il Governo, e disposti a combatterlo, ov'esso si ostini in attraversarci la via.
      Se gli uomini del Governo, non contenti dell'inadempimento del Dovere, vorranno impedire a noi di compirlo, faremo di conquistare in ogni modo la libertà: se violeranno il diritto delle Associazioni pubbliche a pro di Roma e Venezia, torneremo a stringere le nostre fratellanze segrete; cospireremo. Non rinnegammo il dovere Nazionale davanti all'Austria, non lo rinnegheremo davanti a uomini che han nome Rattazzi, Minghetti o Farini.
      Vogliamo Roma e Venezia, perchè in Roma sta il segreto della nostra Unità, in Venezia il disfacimento dell'Impero d'Austria, e la nostra alleanza colle Nazioni sorelle, che assicureranno colla loro esistenza la nostra frontiera dell'Alpi.
      Vogliamo Roma e Venezia, perchè in Roma soltanto possiamo avere leggi nuove che ci bisognano, e non un vecchio Statuto Piemontese, ma un Patto Nazionale; perchè in Venezia soltanto può cominciare la missione internazionale d'Italia.
      Vogliamo sollecitamente Roma e Venezia, perchè l'interrompimento del nostro moto Nazionale e la condizione provvisoria nella quale versiamo, minacciano la nostra Unità; perchè l'Austria nel Veneto è la congiura perenne dei principi spodestati, la minaccia perenne di subita invasione nel core delle nostre terre; perchè la Francia in Roma è la congiura perenne dei satelliti del Papa e del Borbone di Napoli, la perpetuazione del brigantaggio nelle terre Meridionali; perchè Luigi Napoleone, avverso deliberatamente alla nostra Unità, cospira per trarre alimento dai crescenti malcontenti locali al suo disegno federativo, e il tempo gli giova; perchè ventidue milioni di uomini liberi non possono, senza incancellabile disonore, tollerare ciò che susciterebbe a guerra immediata ogni altra Nazione Europea, che lo straniero accampi tranquillo sul suolo che è loro; perchè ogni uomo imprigionato nel Veneto, ogni uomo scannato dai masnadieri Borbonici nel Napoletano, pesa come un delitto, e dovrebbe pesare come un rimorso, sull'anima della Nazione; perchè, se gli uomini del Governo sono incapaci di vergogna e rimorso, noi non lo siamo.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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