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      È tempo or più che mai pei repubblicani di mostrarsi partito e non fazione: collettività d'uomini raccolti intorno ad un principio, non nucleo d'individui collegati a tempo per l'interesse d'uno o di più. E questo principio - concetto della Vita fondato sopra una Legge di Progresso morale, intellettuale, economico, da svolgersi per mezzo dell'associazione di tutti gli elementi che formano Nazione e tra un popolo e l'altro - è sola sorgente d'autorità per noi, solo criterio per giudicare dei programmi e degli atti che via via si succedono in questo periodo di transizione: la forma repubblicana non è che un mezzo - unico a senso nostro - per tradurre in rapida realtà l'associazione alla quale accenniamo. Nei termini di questo principio sta la nostra solidarietà con quanti si dicono repubblicani. Ogni tentativo di rinnovamento politico e sociale che non muove da quel principio o lo viola col predominio dato alla sovranità dell'io, o chiude il varco all'Associazione smembrando l'unità della più alta forma d'Associazione, la PATRIA, o contamina la bandiera con atti d'ingiusta e non necessaria violenza funesti al progresso morale del popolo, non è nostro e lo respingiamo. La sua vittoria - se potesse averla - non sarebbe vittoria nostra, nè c'inorgoglirebbe di forza o speranze. La sua disfatta non è nostra disfatta, non c'infiacchisce per subiti irragionevoli sconforti, non scema probabilità di successo alla nostra fede.
     
     
     
      II.
     
      Come hanno potuto aver luogo nel secolo XIX, in una città sede d'incivilimento com'è Parigi, gli eccessi dai quali prendemmo le mosse nel numero precedente?


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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