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      Quale unità di luogo fu molto facile a conservare a' greci ed a' latini, che nella loro amplissima scena, la quale era il diametro d'un semicircolo in cui talvolta fino a trenta mila persone si raccoglievano, e portici e piazze e templi ed intere città rappresentavano. Ma ora, che per l'angustia del presente teatro non si può sulla nostra scena portare che una sola apparenza, è necessario cangiarla al pari nelle differenti azioni che nascono nella favola; essendo, a mio credere, maggiore improprietà fare che in un picciolo ed angusto sito d'una sola camera succedano tutti gli eventi di un ravvolto e lungo filo di cose, di quello che sia il cangiamento di scena. Il quale non era affatto dagli antichi aborrito; anzi, siccome da i scrittori abbiamo, se ne servivano nel fine degli atti della tragedia; ne' quali, per alleggerire la mestizia che da funesti e tragici casi si desta, introducevano la satirica o sia boscareccia poesia. Ed a tal fine avevano varie forme di scene, che ductile o versile chiamavano. La scena versile era composta di colonne triangolari le quali si rivolgeano intorno ad un asse che si fermava nel suolo; ed in una delle facce colonne e palagi ad uso delle tragedia, nell'altra case particolari ad uso della comica, e nell'ultima alberi e campagne ad uso della satirica rappresentazione dipingevano. La scena ductile corrispondeva alla presente, che traendosi indietro scuopre le apparenze nascoste. Or, se fu lecito agli antichi nel fine de' loro atti cangiar le scene, non sarà gran fatto se a noi si concederà distendere questa licenza anche per entro il corpo della tragedia, quando a i greci, senza tanta necessità, se ne sono concesse maggiori; quale è quella di fare che il popolo rappresentato ne i cori parli de' più riposti arcani de' principi.


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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1548