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      Si sollevò egli in qualche parte, ma non potea in verun conto prender riposo. In fine alle dieci ore supraggiunto da un vomito d'atra bile, e forse da accidente, spirò nelle mie braccia.
      Questa è la funesta istoria del mio povero benefattore e maestro. Ella intanto, se qualche momento le avanza dalle pubbliche cure, non isdegni darmi talora argomento dell'alta sorte ch'io godo della sua grazia; e facendo umilissima riverenza alla signora sua consorte e a tutti di casa, mi confermo.
     
      P. S. Spero che per l'avvenire le di lei lettere non faranno tanto lunga contumacia alla posta.
     
     
     
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      A FRANCESCO D'AGUIRRE - TORINO
     
      Roma 3 Aprile 1718.
     
      La disposizione, che ha sempre V. S. illustrissima mostrata, di favorirmi, mi si conferma sempre più col vantaggio che mi fa godere de' suoi riveriti comandi, i quali assai più grati mi si rendono di qualunque altro avventuroso successo.
      Le opere inedite, che sono presso di me, sono: le Istituzioni canoniche e civili, grandi e piccole; il trattato De Romano Imperio Germanorum; alcune tragedie latine; alcune lettere ed orazioni, ed egloghe italiane, le quali a suo tempo si daranno alle stampe per ordine, ed in congiuntura non lascerò di valermi della cordiale e generosa offerta, la quale ella si è degnata di farmi.
      Io intanto invidio la di lei permanenza in un paese così piacevole e gentile, e giacché la mia disavventura mi ha tolto di poterlo godere anch'io unito alla piacevole e fruttifera conversazione di V. S. illustrissima e di chi sa, non potrà tormi, se non mi toglie la vita, di non venirmela a godere almeno per breve tempo in quest'autunno, nel quale ho risoluto, se altro di me non avviene, di portarmi costà per aver la gloria di baciar la mano ad un principe, che nel nostro secolo è la più bella mente e l'animo più grande che abbia prodotto la natura, ed il quale, senza incorrere in alcuna taccia di adulazione, si può francamente dire che non abbia punto d'invidia a que' saggi e valorosi consoli e imperatori di cui tanto andò altera la romana repubblica quando non le sante mitre e i devoti pastorali, ma l'aquile, i fasci e le scuri erano vindici ministre ed insegne della latina grandezza.


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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1548

   





S. Spero Istituzioni De Romano Imperio Germanorum