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      Voi andate secondando la regola generale che l'incenso piace a tutti, ed io non dissimulo la mia umanità; ma badate, vi prego, che, per eccesso d'energia, non vi venga una volta fatto di darmi, non volendo, dell'incensiere sul muso; perché la cerimonia non mi sarebbe carissima.
      Fate opera di buon amico procurando di tenermi presente alla memoria del degnissimo nostro signor conte della Rocca: io ve ne sono riconoscente oltre ogni espressione. Non è facile il trovar cavaliere che, provveduto di tanto merito, ne faccia sì poca pompa. Vi prego di ripetergli sovente i miei divoti e rispettosi sentimenti.
      La pace è sottoscritta, ma io (colpa forse dei miei maledetti affetti isterici) avendola tanto sospirata non posso rallegrarmene. Noi altri poveri poeti siamo naturalmente fantastici. Mi si è fitto nel capo che questo non sia che un sogno, e temo ogni momento di risvegliarmi. Che ne dite? Voi ridete, il mio caro Filipponi. Anch'io riderei, se avessi una vezzosa sacerdotessa al fianco che dileguasse i miei timori ideali con qualche bell'argomento palpabile. Ma il curarsi da se medesimo è prescritto dal proverbio a' medici e non a' poeti.
      I saluti della gentilissima vostra compagna con l'aggiunta di ormai indifferenti sono una specie d'insulto. Voi volete pur ch'io m'avvegga che non son più atto ad inquietare un marito. L'ingiuria è sanguinosa, e meriterebbe vendetta. Ma come sdegnarsi con voi? Io vi perdono, a condizione che rendiate a madama il contraccambio de' suoi favori a mio nome, fornito di tutte quelle circostanze che, a tenore della vostra esperienza, possono renderglielo più aggradevole.


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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1548

   





Rocca Filipponi