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      Una infermità sofferta è scusa che assolve voi ma non consola me, e a questo prezzo io non vi desidero innocente. Se mai più vi succedesse per qualche tentazione del demonio di sentirvi reo con me di negligenza, guardatevi di ricorrere allo stratagemma d'ammalare; potreste errare una volta nelle misure, e questi errori non soffrono correzioni. Lasciatemi piuttosto gridare: Che sarà mai! Voi dovreste aver l'orecchie incallite alle mie fraterne omelie, e sapete per lunga esperienza ch'io mordo da pecora e non da lupo.
      Non ho mai trascurato di stimolare il nostro conte Losi sul vostro proposito; non che il suo genio benefico ne abbia bisogno, ma per iscuoterto da quella sonnolenza ch'egli soffre, e più nelle cose proprie che nelle altrui. Per altro mi promise di rinnovar le sue istanze e di farmi saper ciò che qui si sa dell'affare. Sinora non veggo alcun suo messaggio; se prima di chiudere la lettera venisse, sarei contentissimo di potervene dar conto.
      Quest'anno i miei affetti isterici si sono esacerbati all'arrivo dell'inverno, ed esercitano la mia pazienza molto di là del bisogno. Ma che fare? Io non trovo miglior ripiego che soffrire e sperare. Ogni peso mal portato si aumenta di gravità, ed essendo impossibile l'accomodare a noi le vicende umane, lo studio d'accomodar noi a quelle è sempre più prudente e meno infruttuoso. Ma non c'ingolfiamo nella morale; questa è bene spesso un effetto d'ipocondria, che secondato ne diventa cagione. Addio, amatemi, conservatevi, ricordate il mio costante rispetto al degnissimo signor abate Franchini, e credetemi costantemente.


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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1548

   





Losi Franchini