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      Io mi conosco incontentabile in materia di traduzioni, e non ho voluto espormi a divenire ingrato a chi mi ha reputato degno di così faticosa applicazione. Quando la mia curiosità si aumenti, e i miei scrupoli diminuiscano, saprete quanto mi abbia dilettato questa lettura.
      Voi vorreste de' versi fatti da me improvvisamente negli anni della mia fanciullezza; ma come appagarvi? Non vi niego che un natural talento più dell'ordinario adattato all'armonia e alle misure si sia palesato in me più per tempo di quello che soglia comunemente accadere, cioè fra 'l decimo e undecimo anno dell'età mia: che questo strano fenomeno abbagliò a segno il mio gran maestro Gravina, che mi riputò e mi scelse come terreno degno della coltura d'un suo pari: che fino all'anno decimosesto, all'uso di Gorgia Leontino, m'esposi a parlare in versi su qualunque soggetto così d'improvviso, sa Dio come, e che Rolli, Vanini e il cavalier Perfetti, uomini allora già maturi, furono i miei contraddittori più illustri. Che vi fu più volte chi intraprese di scrivere i nostri versi mentre da noi improvvisamente si pronunziavano, ma con poca felicità, poiché (oltre l'esser perduta quell'arte, per la quale a' tempi di Marco Tullio era comune alla mano la velocità della voce) conveniva molto destramente ingannarci, altrimenti il solo sospetto d'un tale agguato avrebbe affatto inaridita la nostra vena, e particolarmente la mia. So che a dispetto di tante difficoltà, si sono pure in que' tempi e ritenuti a memoria e forse scritti da qualche curioso alcuni de' nostri versi ma sa Dio dove ora saran sepolti, se pure son tuttavia in rerum natura, di che dubito molto.


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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1548

   





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