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      A CARLO BROSCHI DETTO FARINELLO - MADRID
     
      Vienna 17 Marzo 1753.
     
      Ostinato a terminare la Festa che da me aspettate, ho trascurato l'ordinario scorso di rispondere alla carissima vostra del 7 febbraio e a quella del 13 del medesimo scritta di vostra commissione dal nostro signor Ridolfi, che abbraccio e riverisco. La mia ostinazione ha conseguito il suo fine, perché, lode al Cielo, avanti ieri scrissi l'ultimo coro, e diedi alla mia fatica l'ultima paterna benedizione. La maggior mia consolazione non è quella d'aver finito, ma d'essermi riuscita (a proporzione delle mie forze) la meno imperfetta di tutte le opere mie. Voi vedrete ristretto in un atto solo tutti i moti, tutti gl'incontri e tutte le passioni che riempirebbero abbondantemente la misura di un lungo dramma. V'è curiosità di soggetto, novità di caratteri, si piange senza entrar nel teatro, si ride senza dar nel buffone: insomma (se l'amor proprio non mi accieca affatto) il componimento è tale che considerato lo stato della mia testa è superiore a quello ch'io potevo promettermi da me stesso, e si vede chiaramente che la benefica deità del Manzanare non mi ha negati gl'influssi suoi.
      Ma come in questa valle di lagrime non v'è mai consolazione che sia perfetta, è occorso un accidente che mi ha amareggiato in gran parte il giubilo che avevo d'avervi ben servito, e a tempo. Giunto alla metà del mio lavoro, pensai di comunicare il segreto al nostro Porpora, e dargli nell'atto istesso da scrivere, ma quel Porpora, che a dispetto degli anni ha una salute da gesuita, appunto quando si avea bisogno di lui si trovò alle mani con un considerabile catarro, con una ostinata alterazione, e (quel ch'è peggio) con una apprension violenta di morire, che non solo gli toglieva allora la facoltà di applicare, ma minacciava di non restituirgliela per lungo tempo.


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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1548

   





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