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      La mia dovuta ubbidienza agli ordini vostri non mi ha mai meritato da voi la metà del gradimento di quello che mi ha ottenuto in questa ultima occasione sol perché ha somministrate opportunamente, senza saperlo, alla vostra vendicativa generosità le armi per potere insultare obbligando. Or vedete qual dee essere la mia umiliazione del conoscere d'esser debitore del vostro sospirato gradimento alla casualità di aver conferito, non volendo, allo sfogo d'un vostro rancoretto quasi peccaminoso. Questa mia maniera di pensare vi confermerà la notizia comunicatavi dal gentilissimo signor abate Falcari, ch'io mi senta qualche inclinazione alla sacra catedra. Egli vi ha detto il vero. La fortuna de' Voti pubblici, che non sono finalmente che una predichetta, mi avea fatto concepir la speranza di potervi aspirare. Ma, tutto bene esaminato, non credo di dovermi affrettare a così pericolosa impresa. Io non mi sento il vigore necessario per ridermi di quanto è stato mai insegnato e scritto di più venerabile: e mostrandomi assertore della rancida, incomoda, servile e discreditata morale degli avi nostri, solleverei contro di me tutto questo secolo illuminato. La spregiudicata gioventù, protettrice de' dritti della tiranneggiata natura, mi crederebbe un fanatico, e ne sarei lapidato. Onde per metter le mani all'opera non basta, riverita signora contessa, la vocazione alla catedra; conviene aspettare che piaccia alla Providenza di concedermi anche l'altra al martirio.
      Abbracciate, vi prego, teneramente e riverite in vece mia il mio degno e caro signor tenente maresciallo: e ditegli che Nestore ancora fu grande amico d'Ulisse ed è più degno d'essere imitato che tutti gli altri di lui poco accorti compagni.


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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1264

   





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