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      A DANIELE SCHIEBELER - LIPSIA
     
      Vienna 7 maggio 1766.
     
      Gratissimo dell'affettuosa cura di V. S. illustrissima di provvedermi dell'edizione delle vezzose sue italiane poesie, che ho lette alcune ed altre rilette, tutte con nuovo piacere: me ne congratulo sinceramente seco, e l'esorto che, fatto seguace di Temide (come ella mi afferma), non contragga perciò un'ingrata inimicizia con Erato ed Euterpe, sue dichiarate fautrici. Temide le farà raccogliere più solidi frutti de' suoi letterati sudori, e raddolciranno le altre di tratto in tratto il severo e faticoso tenore di vita che prescrive la prima ai suoi favoriti seguaci. Con questa prudente alternativa godrà ella le beneficenze dell'una e l'amabile consuetudine delle altre: purché sappia resistere alle dolci lusinghe di queste care seduttrici, che dividono difficilmente le loro conquiste con qualunque altra rivale.
      Ella vorrebbe da me alcuni drammi senza arie, ed io per toglierle questo desiderio dovrei spiegarle il sistema teatrale che dalla lettura degli antichi e dalla lunga esperienza ho creduto dovermi formare in mente, ma questo è lavoro al presente troppo lungo per me. Le dirò solo succintamente ch'io non conosco poesia senza musica; che le nostre arie non sono inventate da noi; che i Greci cambiavano anch'essi di tratto in tratto la misura de' versi e mescolavano le strofe, le antistrofe e gli epodi; che a seconda delle passioni davano occasione a quella musica periodica che distingue le arie dal resto: onde si sono sempre distinti i cantici da' diverbi, come si distinguono ora le arie da' recitativi.


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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1264

   





Temide Erato Euterpe Greci