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      Quando io nacqui alle lettere, trovai tutto il mondo diviso in parti. Quell'illustre Liceo, nel quale io fui per mia buona sorte raccolto, seguitava quelle dell'Omero ferrarese, e con l'eccesso di fervore che suole accompagnar le contese. Per secondar la mia poetica inclinazione mi fu da' miei maestri proposta la lettura e l'imitazione dell'Ariosto, giudicando molto più atta a fecondar gl'ingegni la felice libertà di questo, che la servile, dicevan essi, regolarità del suo rivale. L'autorità mi persuase, e l'infinito merito dello scrittore mi occupò quindi a tal segno, che, non mai sazio di rileggerlo, mi ridussi a poterne ripetere una gran parte a memoria: e guai allora a quel temerario che avesse osato sostenermi che potesse aver l'Ariosto un rivale, e ch'ei non fosse impeccabile. V'era ben frattanto chi per sedurmi andava recitandomi di tratto in tratto alcuno dei più bei passi della Gerusalemme liberata, ed io me ne sentiva dilettevolmente commosso; ma, fedelissimo alla mia setta, detestava cotesta mia compiacenza come una di quelle peccaminose inclinazioni della corrotta umana natura ch'è nostro dover di correggere; ed in questi sentimenti io trascorsi quegli anni, nei quali il nostro giudizio è pura imitazione dell'altrui. Giunto poi a poter combinare le idee da me stesso ed a pesarle nella propria bilancia, più per isvogliatezza e desiderio di varietà che per piacere o profitto ch'io me ne promettessi, lessi finalmente il Goffredo. Or qui non è possibile che io le spieghi lo strano sconvolgimento che mi sollevò nell'animo cotesta lettura.


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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1264

   





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