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      Verum opere in longo fas est obrepere somnum; e sarebbe maligna vanità pedantesca l'andar rilevando con disprezzo in due così splendidi luminari le rare e picciole macchie, quas aut incuria fudit, aut humana parum cavit natura.
      Tutto ciò, dirà ella, non risponde alla mia domanda. Si vuol sapere nettamente a quale dei due proposti poemi si debba la preminenza. Io ho già, riveritissimo signor Diodati, antecedentemente protestata la mia giusta repugnanza a così ardita decisione, e per ubbidirla in quel modo che a me non disconviene, le ho esposti in iscambio i moti che mi destarono nell'animo i due divini poeti. Se tutto ciò non basta, eccole ancora le disposizioni nelle quali, dopo aver in grazia sua esaminato nuovamente me stesso, presentemente io mi trovo. Se per ostentazione della sua potenza venisse al nostro buon padre Apollo il capriccio di far di me un gran poeta, e m'imponesse a tal fine di palesargli liberamente a quale de' due lodati poemi io bramerei somigliante quello ch'ei promettesse dettarmi, molto certamente esiterei nella scelta, ma la mia forse soverchia natural propensione all'ordine, all'esattezza, al sistema, sento che pure al fine m'inclinerebbe al Goffredo.
      Oh che prolissa cicalata! è vero: ma non mi carichi della sua colpa; ella se l'ha tirata addosso non meno col suo comando che con l'amore, la stima e l'avidità di ragionar seco, di cui ha saputo così largamente fornirmi. Questo saggio per altro non ha di che giustamente spaventarla: le mie fin da bel principio esposte circostanze mi obbligheranno pur troppo ad essere mio mal grado discreto.


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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1264

   





Diodati Apollo Goffredo