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      Ho sentito con infinito rincrescimento resa già di ragione del pubblico la confessione d'un mio interno giudizio che io ho ardito appena di confidare alla cognizione d'un amico: mi si è presentato il pericolo d'esser esposto allo sdegno di alcun trasportato fautore dell'Ariosto che pretenda rinnovar meco le antiche contese ch'io abborrisco e detesto: ho considerato il timore che dovrò necessariamente avere ogni giorno di posta, avendo perduta la sicurezza che le mie lettere non corrano il rischio di ritrovarsi inaspettatamente in piazza ravvolte nella loro ordinaria veste di camera poco in tal luogo decente: e non dubito finalmente che la maggior parte di coloro che vedranno in istampa cotesta mia cicalata, propensi (come purtroppo gli uomini sono) a non giudicar favorevolmente del prossimo, ne attribuiranno la pubblicazione non già al trasporto d'una ufficiosa amicizia, ma alla mia piuttosto smisurata stima di me medesimo. Che queste ed altre mie patetiche riflessioni non abbiano sfuggita la perspicacia del mio signor Diodati lo provano ad evidenza le sue a me descritte agitazioni, con le quali si è egli studiato di fare ostacolo alla pubblicazione suddetta e delle quali io gli so sinceramente buon grado. Pure non potrà egli mai figurarsi quanto sia disgustosa l'irresolutezza della mia presente situazione, nella quale né posso approvare il fatto, né querelarmene senza accusar me stesso o di vanità o d'ingratitudine. Ma troppo è più degna per me d'avversione la seconda che la prima di queste reità, onde io prego istantemente il signor Diodati di non permettere, a qualunque rischio, ch'io possa esserne creduto colpevole.


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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1264

   





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