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      Il mestiere di scrivere per me è divenuto pesante, e poche ore del giorno vi possono essere da me impiegate: quindi è che quando mi sopraggiunge qualche indispensabile lavoro, le assorbisce tutte: e conviene allora che le convenienze cedano al mio debito preciso. Non vi paia strano ciò ch'io vi dico misurando le mie dalle vostre forze, perché corre una considerabile differenza fra noi. Voi siete nella primavera, io nell'inverno della mia vita: voi non avete altri doveri se non quelli che il vostro genio vi prescrive: io ne ho degl'indispensabili e gravi: voi avete una tenue salute, ma tale che vi permette d'abusarne come fate bene spesso: ma la mia non è così compiacente, e se voglio attentar sopra i suoi dritti mi toglie affatto la facoltà di farlo. Sicché, mio caro signor Rovatti, non dovete stupire se io non posso far tutto quello che potete far voi: e come buon amico dovete più tosto compatirmi che accusarmi, e non contar mai fra le mie mancanze i miei guai. Se non abbiamo una scambievole tolleranza l'un per l'altro, è distrutta la società, poiché vitiis sine nemo nascitur: optimus ille est qui minimis urgetur.
      Addio, mio caro signor Rovatti: continuate ad amarmi tal quale io sono per i miei peccati, e non fate mai il sacrilegio di dubitar s'io sono.
     
     
     
      1818
     
      A TOMMASO FILIPPONI - TORINO
     
      Vienna 16 Novembre 1769.
     
      Non saprei, amico carissimo, per qual ragione l'ultima mia lettera sul soggiorno di Cesare in cotesta reggia abbia potuto meritar da voi la graduazione di bellissima, se non riflettessi ch'essa non conteneva se non se la nuda verità, la quale, quanto meno è adornata, tanto comparisce più bella.


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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1264

   





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