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      Io apprendo (è vero) sommamente il giudizio del pubblico, e mi espongo di malavoglia, anche preparato, quando mi trovo costretto ad affrontarlo, e forse per difetto di temperamento trascorrono i miei ritegni oltre il dovere; ma non son più in età di correggermi, e mi duol meno di cader in questo che nell'opposto estremo, cioè nella ridicola ma non rara fiducia che le cose che scorrono dalla mia penna sien tutte linenda cedro, et levi servanda da cupresso. Ma l'affare non esige così lungo ragionamento. Io gradisco infinitamente il suo cortesissimo ufficio, ed è ben giusto che V. S. illustrissima scambievolmente mi compatisca,
      Come posso io mai consigliarla, mio riverito signor de Gamerra, intorno alle alterazioni delle quali si crede costì che abbisogni la mia Clelia? Io che perfettamente ignoro il genio degli spettatori, i bisogni di cotesto teatro e le abilità degli attori? Le regole generali non bastano a rendermi atto a tale operazione. Me ne ha ad evidenza convinto l'esecuzione del mio Ruggiero, per la quale non risparmiai diligenza: eppure di tutto il molto che con grave mio incomodo scrissi, non vi fu cosa che costì fosse stimato opportuno di porre in opera. Cotesti signori direttori, che, per essere presenti e lungamente esperimentati, veggono o sanno tutte le particolari minute circostanze a me incognite, son men di me esposti ad errare. Forse dalla lor perizia potrà ritrarre vantaggi il poema, e quando ancora per un metafisico supposto ne rimanesse deformato, non mi creda ella perciò degno di compassione.


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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1264

   





Gamerra Clelia Ruggiero