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      M'imponete di scrivere un trattato in forma di lettera, e per darlo immediatamente alle stampe, persuadendovi che si possa pretendere dalla stanca età mia il pronto vigore della portentosa ed indefessa attività vostra, e contando per debolezza o per ipocrisia l'invincibile mia repugnanza ad affrontarmi impresso col pubblico. Ma senza queste fisiche ragioni, che avrebbero per altro dovuto liberarmi dal pericolo di trovarmi nella necessità di disubbidirvi, ve n'è una morale, ma insuperabile, per la quale io non posso e non deggio cedere al vivo desiderio ch'io mi sento di compiacervi. Eccola. Già da lungo tempo sopraffatto dall'importunità di tutti gli insetti poetici della nostra Italia, che richiedevano il mio giudizio, cioè il mio elogio da stamparsi co' loro componimenti, fui costretto ad impormi la legge di scusarmi modestamente ma universalmente con tutti, e l'ho esattamente osservata, per non offendere ed irritare i negletti, anche con persone alle quali io deggio molto riguardo e rispetto. E specialmente in occasione appunto di coteste Feste, per le quali voi avete scritto, io mi trovo sollecitato da diversi a questa per me in oggi resa ineseguibile compiacenza.
      Per non farvene una noiosa lista, ve ne dirò uno che val per mille. Il signor conte Daniele Florio, cavaliere udinese, ciamberlano de' miei augustissimi padroni, mio caro amico di oltre quarant'anni ed a cui, per non mai interrotto esercizio, si è reso famigliare il più eletto linguaggio poetico, ha composta una lunga e superba ode per celebrar il natale di cotesto Real principe ereditario, e voi l'avrete già letta stampata.


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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1264

   





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