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      I quattro componimenti mandati gareggiano fra loro di merito, ma io mi sento inclinato a distinguere la Iaele. Per prova della mia attenta lettura le comunico tre miei dubbi, che per altro non sono di molto peso.
      1°. La madre di Iaele chiama la figliuola vergine imbelle, ed in tutto l'oratorio è considerata moglie di Asan.
      2°. Che il gran Dio bestemmiò. Qui si danno due sillabe alla parola Dio, che non le ha se non se in fin di verso.
      3°. Ma con arte di cui donna non manca. Questa taccia contro tutte le donne potrebbe in se stessa parer satirica: e pronunciata da una donna medesima può comparire inverisimile.
      Vorrei trattenermi prolissamente sulle varie bellezze di questi suoi lodevoli lavori, e su la gratitudine che io mi sento per l'eccessiva ed amorosa sua parzialità verso di me, vivamente espressa in più d'un luogo ne' leggiadri suoi versi: ma, riveritissimo signor conte, io non sono più uomo da lunghe lettere. I miei antichi ipocondrici incomodi, che non iscemano con l'età, non lasciano alla mia povera testa la facoltà di ubbidirmi come solea: onde esige da lei compatimento, non perdono, la mia involontaria insufficienza a sodisfare i miei debiti.
      Non si dolga, mio caro signor conte, delle punture de' Zoili: le sventure da temersi come fatali dagli scrittori non sono i clamori de' rivali, ma il disprezzante silenzio e l'obblivione di tutti: né conviene a noi di aspirare alla concordia universale di tutti i voti a nostro favore, non conseguita dagli Omeri, da' Virgili, dagli Ariosti e da' Torquati.


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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1264

   





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