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      Non v'ha dubbio che il cinghiale è colpito, ed il colpo fu mio: tutte le altre considerazioni sono sottigliezze dei malevoli. Certo se son tali per non concedermi l'onore di questo fatto, sono arrivati a dubitare che il cinghiale potesse esser morto d'un tocco d'apoplessia. Or veda per l'amor di Dio Vostra Eccellenza se mai si è inteso che i cinghiali siano sottoposti a tale infermità. Si degni dunque di ordinare al signor segretario Bertolani di registrare nelle nostre cronache poetiche questo mio memorabile accidente acciocché serva di onorato stimolo di gloria a quelli che dopo mill'anni mi succederanno nell'impiego. Adesso conosco che l'ultima cosa che conosca l'uomo è se stesso: io non ho mai creduto fin'ora di aver la minima abilità né a far nascere né a far morire: mi scuopro, quando meno lo credo, abilissimo nell'ultima. Sarebbe bella che un giorno o l'altro fosse lo stesso nella prima. Non creda per altro che io trasportato da questa felicità sia a meno d'essere informato della salute del mio degnissimo superiore. La generosa violenza di chi comanda in questo luogo mi ha fatto rimaner lontano da Vienna alcun giorno di più di quello ch'io m'ero proposto quando ne parlai a Vostra Eccellenza, ed ormai son privo di sue nuove più lungamente di quello ch'io vorrei. Non mi confesserò così presto, per non essere obbligato a perdonare al crudelissimo Ercolini di non avermene informato fin'ora. Egli ebbe da me l'esatta istruzione come doveva fare a servirmi con sicurezza e sollecitudine.


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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1264

   





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