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      Fu in questo tempo assonto al pontificato il cardinal Camillo Borghese, sanese, Paolo V, che nel fine dell'anno 1605, o perché nel tempo che fu auditore della camera aveva preso grand'inclinazione a fulminar censure, o perché fosse poco bene affetto alla serenissima republica di Venezia, o perché fosse instigato da alcuni religiosi (come io tengo di certo, e n'ho argomenti chiari) ch'a guisa di vipere stracciano et avvelenano il petto del Stato che gli nudrisce, presa occasione da alcune leggi della republica, che pretese esser contra l'immunità ecclesiastica, venne in manifesta dissensione; pretendendo il papa che le leggi fossero non solo ingiuste, ma scancellate et abolite; et all'incontro la republica che fossero giuste e buone et in nissun conto contrarie alla legitima libertà della Chiesa. Bollendo questo disparere fra quei due gran prencipi, alcuni senatori primarii, che per l'innanzi erano stati famigliari del padre, cominciarono piú strettamente conferire con lui di questa controversia, che non s'era potuta celare non solo in Venezia, città che per la sua ampiezza e concorso per il negozio di tutte le regioni, tutto sa e niente può tacere, ma né anco per tutta Italia; e da' suoi ragionamenti confermati nella precedente conoscenza ch'avevano di lui, passarono a fargli dar qualche publica comunicazione di tal negozio. Andò questo fuoco come sotto le ceneri di proposte in risposte e di ragioni per ambe le parti, covando circa due mesi, quando, nell'entrar dell'anno 1606, diede fuori maggiori fiamme di monitorii o comminazioni di censure.


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Vita del padre Paolo
di Fulgenzio Micanzio
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