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      Prima di questo accidente volse trattare col padre, e discorsero di materia di lettere longamente, in particolar della dottrina degl'antichi stoici, che professava volere dalle folte tenebre rivocare alla luce, et altri suoi eruditi pensieri, e molto anco di materia di Stato, massime de' protestanti d'Alemagna. E poi ritiratosi col padre, cominciò a rimostrargli che 'l papa, come gran prencipe, ha longhe le mani, e che per tenersi da lui gravemente offeso non poteva succedergli se non male, e che se sino a quell'ora avesse voluto farlo ammazzare, non gli mancavano mezzi. Ma che il pensiero del papa era averlo vivo nelle mani e farlo levare sin a Venezia e condurlo a Roma, offerendosi egli, quando volesse, di trattare la sua riconciliazione, e con qual onore avesse saputo desiderare; asserendo d'aver in carico anco molte trattazioni co' prencipi alemanni protestanti e la loro conversione. Rispose il padre che non aveva fatto cosa per la quale dovesse Sua Santità restar offesa. Aver diffeso una causa giusta. Rincrescergli sommmamemte che tal diffesa si fosse incontrata coll'indignazione del pontefice. Esser stato individuamente compreso nell'accomodamento e non dover presupporre mancamento della fede publica in un prencipe. Quanto al farlo ammazzare, non se ne prender alcun fastidio. Esser cosa machinata contra imperatori, esseguita contra re e prencipi grandi, non contra privati di sí bassa fortuna come egli era. Ma se pur ciò si dissegnasse, esser preparato al divino beneplacito, e non esser cosí ignaro delle cose umane, che non sapesse ciò che fosse la vita e la morte, e se si debbano, da chi le conosce, o bramare o temer piú del dovere.


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Vita del padre Paolo
di Fulgenzio Micanzio
pagine 190

   





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