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      Ma la condizione della persona et i publici rispetti lo costrinsero a lasciare che fosse nella sua cura posta mano da quasi tutti i piú celebri e fisici e chirurgici di Venezia, oltre quelli che, d'ordine publico, ci vennero da Padova, tra' quali Girolamo Fabrizio Acquapendente, amico vecchio et ammiratore delle virtú del padre. E questo fu comandato di star sempre in convento, assistente insieme col signor Adriano Spigelio, che pure successe anatomico in Padova, sin a tanto che si vedesse ove terminava il male, a vita o morte, perché dell'uno [o] dell'altro fu molto lungo il dubbio et i giudizii. Perché, oltre che le ferite erano gravi per se stesse, e molto piú per la complessione del ferito, tanto estenuato per natura, ch'anco sano pareva un scheletro, cosí distintamente se gli potevano numerare gl'ossi, come per l'uscita del sangue, che lo lasciò appunto come essangue, e stette piú di venti giorni che non si poteva muover punto, né alzar una mano, s'aggionse ancora un'altra accidentale gravezza al male, ch'era reale, la moltiplicità de' medici, ch'è un male proprio de' grandi. Perché ad alcuni pareva che le ferite, colla negrezza de' labri, dassero argomento d'arma avvelenata, e qui alle teriache ne' medicamenti, che cagionarono infiammazioni; ad altri pareva ch'avessero sini; e qui a tagliare. Onde il paziente fu astretto tollerare tanto da' medici, quanto dal male, che fu molto longo con varie recrudescenzie e pronostichi di vita e di morte.
      In tutto questo corso il padre si portò colla sua solita pietà e costanza, nella quale era mirabile, non tralasciando ne' dolori framettere alcuno de' suoi detti.


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Vita del padre Paolo
di Fulgenzio Micanzio
pagine 190

   





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