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      Ma nell'infermità per gl'umori che fanno le febri, mai sin al 1612 fu in mano de' medici. So quello che importi il dipartirsi dalle comuni openioni anco nelle speculazioni, non che nell'operazioni, massime ove si tratta della vita; ma io non ho preso a giustificare, ma a narrare le azzioni del padre. Era cosí soggetto alle febri, ch'ogni picciol accidente gliene cagionava di longhe et importanti. Egli si governava in quelle molto diversamente dalla comune. Primieramente non mutava niente del suo viver ordinatio, se non dal piú al meno. Non stava in letto, si levava, faceva tutte le sue fonzioni solite, leggeva, studiava, scriveva. Sul furore degl'accessi, vestito si stendeva sopra una cassa, pochissime volte in letto. Ordinava egli l'ore del cibo, e voleva l'ordinario, cosí del vino, come del rimanente, se non, come ho detto, dal piú al meno. Come gli pareva opportuno mandava egli a prender medicine, ma semplici, non composte: la cassa, la manna, tamarindi, o altro, e le prendeva o separate, o egli le componeva, e le riceveva al medesimo modo che gl'altri cibi; cosí comandava a' suoi affetti. Portava openione, et apertamente diceva, che 'l modo di medicare de' nostri tempi, con una subita e totale mutazione nel vivere, nell'azzioni, con tante purgazioni, non poteva servire ch'a fare longhissime le convalescenze e tener in credito l'infermità, et in particolare che negl'uomini di grave età il tralasciare per molti giorni le solite azzioni gli deteriorava grandemente nell'uso delle parti del suo corpo e che 'l solo mettersi in letto con una cosí subita e totale mutazione di vitto e d'operazioni era un necessariamente infermarsi, e che di se medesimo era sicuro di sapere piú d'ogn'altro.


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Vita del padre Paolo
di Fulgenzio Micanzio
pagine 190