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      Ma la sua costanza nella purità della religione non ha bisogno di diffesa, né sopra quella sarebbe a proposito digredire. Toccarò bene questo particolare, del quale tanti che sono vivi possono far fede, che chi vorrà negarlo, troverà troppi con chi contendere, e la necessità di considerar il quale scuserà la longhezza.
     
     
      [Le voci sulla diffusione della riforma a Venezia]
     
      Un notabile inconveniente d'imprudenza ne' scrittori della parte ecclesiastica fautori del 1606 fu ch'essendo causa pura e mera temporale e di giurisdizzione, procurarono con ogni artificio rappresentarla per ponto di religione, stimando questo, totale loro vantaggio, non vedendo poterla in altra maniera diffender o pur insinuarla diffensibile alle corti et a' popoli. In questo passarono di maniera la dritta linea della verità e della coscienza, che publicarono in voce, in pulpiti, in stampa ch'in Venezia si voleva mutare religione, avendo cominciato dal negare l'ubidienza al pontefice romano con aperto scisma. Che questo corso fosse preso da una mandra di libellanti famelici, ambiziosi e senza cognizione de' successi passati non saria meraviglia. Ma è ben stupore ch'entrassero in quel ballo anco cardinali dottissimi e zelantissimi, Bellarmino, Baronio, Colonna, che dovevano sapere che pregiudicio una tal fama, benché falsa e portata per amplificatissima, potesse arrecar agl'ecclesiastici.
      Nell'aristocrazie l'ugualità per necessità dell'umana condizione è disugualissima quanto all'abilità degl'ottimati, non si trovando mai collegio o radunanza tanto scelta che non abbia la sua fece, altrimente le aristocrazie constarebbono di tanti re, et è la sua parte del volgo anco fra gl'ottimati.


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Vita del padre Paolo
di Fulgenzio Micanzio
pagine 190

   





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